Industria alluminio e transizione ecologica
L’industria dell’alluminio è pronta per la transizione ecologica, ma chiede ai decisori politici un piano trasparente e sostenibile di decarbonizzazione e di salvaguardia dell’approvvigionamento energetico.
L’alluminio è un materiale strategico e ha le carte in regola per sostenere la transizione energetica. Ma l’industria dell’alluminio in UE ha bisogno di politiche industriali chiare, certezze sull’approvvigionamento energetico e sulle nuove regole relative alle emissioni. È il messaggio lanciato a Istituzioni e decisori politici dal convegno Metef Energy Summit, che si è svolto il 31 marzo 2023 a Bologna in conclusione di Mecspe 2023. Il summit ha messo in luce i contributi concreti e le soluzioni tecnologiche che l’industria dell’alluminio in Italia e nel mondo può attivare per raggiungere gli obiettivi di economia circolare, sostenibilità e decarbonizzazione indispensabili alla transizione ecologica.
Un piano per la decarbonizzazione dell’industria dell’alluminio: gli interventi di importanti figure per il settore alluminio
Il primo intervento importante è stato quello di Mario Conserva, Presidente di Metef: “Il settore industriale dell’alluminio vale complessivamente oltre 50 miliardi di euro di fatturato medio annuo in Italia, con migliaia di aziende, molte di piccole e medie dimensioni impegnate nelle trasformazioni e lavorazioni a valle, che fanno la vera ricchezza nel territorio del comparto. Dal panel è uscito un quadro del possibile futuro delle produzioni della materia prima alluminio sulla base degli studi dell’International Aluminium Institute, presentati per la prima volta in Italia, un’analisi molta attenta alla conservazione dei contenuti energetici e all’attenzione all’ambiente attraverso lo sviluppo delle tecnologie, l’impiego ottimale del metallo e il recupero e riciclo. La filiera alluminio ha avuto, e continuerà ad avere straordinari tassi di crescita a livello globale; ci sono comunque evidenti situazioni di criticità sotto gli aspetti energetici e di ecosostenibilità nel ciclo del metallo, dalla produzione del grezzo alle trasformazioni intermedie, alle lavorazioni e finiture sino agli impieghi finali. L’industria deve impegnarsi a offrire prodotti che siano riciclabili al massimo e che all’interno della catena virtuosa della circolarità, contribuiscano a ridurre l’impatto sulle emissioni e sul consumo energetico. È evidentemente obiettivo prioritario che il patrimonio di esperienze e di conoscenze maturato in Europa e nel nostro Paese in oltre 140 anni di alluminio sia salvaguardato; dai vari interventi al panel è emerso con chiarezza che garanzie sulla fornitura energetica, in termini di affidabilità e di costo, sono il requisito imprescindibile per ogni serio piano industriale del segmento.
Sono ritenuti inoltre elementi indispensabili chiarezza, trasparenza e trasversalità sul mercato riguardo a nuove regole relative alle emissioni. Al riguardo resta apertissimo il dibattito sul meccanismo CBAM (Carbon Border Adjusted Mechanism), ovvero il sistema di compensazione studiato dall’UE per allineare i propri costi ambientali con quelli dei paesi importatori; la questione riguarda da vicino il metallo leggero (oltre all’acciaio, tra i metalli); il messaggio da parte del sistema alluminio ai decisori è che il meccanismo comporta insormontabili complessità applicative e per un paese come il nostro, privo nello specifico di produzione di alluminio primario, determinerebbe pesanti perdite di competitività per le PMI a valle, come è stato più volte denunciato lo scorso anno da FACE, la Federazione dei Consumatori di Alluminio in Europa. In sostanza, il cosiddetto dazio ambientale è una misura ambiziosa, certamente da considerare con grande attenzione; ma eccessive fughe in avanti possono essere molto rischiose, le tecnologie di efficientamento energetico e di cattura della CO2 devono trovare soluzioni con investimenti e costi operativi che non mettano a rischio la sopravvivenza del segmento”.
Anche Gabriele Cirieco, Business Development Strategist, Strategic Advice - APCO Worldwide, ha espresso la propria opinione sull’industria alluminio e transizione ecologica: “L’Europa scopre con un certo ritardo la rilevanza strategica del settore manifatturiero e cambia approccio sulla politica industriale e sulla politica energetica, due elementi chiave drammaticamente interconnessi, con lentezza e ritardo. È ovvio che parlare di politica industriale e di politica energetica significa anche parlare di sostenibilità e di ambiente, la priorità per la salvaguardia del pianeta. A livello istituzionale, sia negli stati membri che in Unione Europea, il dibattito è stato a lungo limitato in silos diversi con pochi punti di contatto, spesso conflittuali. Solo ora si è compreso quanto vitale sia il tema energetico per lo sviluppo industriale e per la tutela dell’ambiente. Momenti di confronto sono rari ed estremamente importanti perché riescono a mettere insieme competenze e punti di vista intersettoriali. Incontri come quello svolto a Bologna, con relatori di primo livello, colmano delle mancanze; soprattutto la mancanza dell’abitudine a una consultazione delle parti coinvolte ampia e aperta, che potrebbe sicuramente ispirare l’elaborazione di policies più ampie e olistiche da parte dell’amministrazione degli Stati membri e dell’Unione. Anche noi addetti ai lavori dobbiamo fare la nostra parte fino in fondo e puntare a un importante coinvolgimento - diretto e indiretto - dei decisori politici nella prossima edizione, per assicurarci che i messaggi arrivino al destinatario, cioè al decisore politico”.
Un altro importante contributo sono state le parole Giuseppe Toia, Vice Presidente Energia di ASSOMET: “L’UE sta affrontando un’inflazione sui prezzi dell’energia (elettricità, gas e CO2) di gran lunga superiore a quella dei concorrenti globali, essendo impegnata in un ambizioso piano di transizione energetica. L’effetto più evidente è che il 50% della capacità di produzione di alluminio primario nell’UE è stata eliminata negli ultimi anni a causa degli alti prezzi dell’energia, e il ricorso all’import della materia prima è oggi superiore all’80% del fabbisogno. Comunque, l’industria dell’alluminio ha una strategia per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, muovendosi su diversi obiettivi: sviluppando il recupero e il riciclo dei rottami vecchi e nuovi, sia in termini quantità che qualitativi, ovvero rendendo il metallo secondario completamente idoneo a raggiungere le stesse proprietà del metallo primario; realizzando tecnologie produttive sia nel primario che nel secondario a zero emissioni. L’industria dell’alluminio europea, e italiana, si trova di fronte a un bivio: è fondamentale agire per mitigare le criticità e valorizzare i punti di forza. Questa industria è comunque tra i pochi segmenti che hanno individuato una strada ragionevolmente percorribile verso la decarbonizzazione”.
Anche Claudio Palmieri, Energy Manager di Hera Spa, ha detto la sua: “Per scongiurare un percorso verso la carbon neutrality disordinato e costosissimo, le politiche dovrebbero implementare strumenti premianti per le soluzioni integrate che pongono l’efficienza energetica in testa alle priorità. È importante ricordare al riguardo il meccanismo dei Certificati Bianchi, basato sugli interventi che comportano “Variazione delle materie in ingresso nel processo produttivo, compreso l’utilizzo di materiale di scarto della lavorazione, a parità di prodotto finito o semilavorato”. Premia la produzione di beni a partire da materie prime seconde, permette sia di ridurre il depauperamento delle risorse del pianeta, sia di generare importanti risparmi energetici, è oggi in Italia uno strumento molto rilevante per rimettere l’efficienza energetica al centro dei percorsi di decarbonizzazione”.
Mahmood Daylami, Segretario Generale del Gulf Aluminium Council (GAC), è intervenuto esprimendo la propria opinione riguardo la transizione ecologica per l’industria dell’alluminio: “A livello mondiale è probabile che supereremo entro il prossimo decennio una pericolosa soglia di riscaldamento terrestre, abbiamo ancora la possibilità di invertire la tendenza se verranno intraprese azioni drastiche principalmente da paesi come gli Stati Uniti, la Cina e l’UE, non solo per ridurre l’uso di combustibili fossili, ma anche per aiutare le nazioni in via di sviluppo a sviluppare le loro strutture e infrastrutture per le energie rinnovabili. Però ad oggi i fatti sono che il carbone è ancora usato per produrre più di un terzo dell’energia elettrica utilizzata. Il problema della diminuzione da parte delle emissioni da parte dell’industria dell’alluminio del Golfo si concentra essenzialmente su tre percorsi: decarbonizzazione dell’energia elettrica impiegata, decarbonizzazione dei processi produttivi, sviluppo del riciclo dell’alluminio.”
Cesare Pozzi, docente di Economa dell’Impresa, Università LUISS a Roma, riflette su un piano per la decarbonizzazione e la transizione ecologia per il settore delle fonderie: “Parlare di politiche per l’energia in una società moderna richiede grande avvedutezza, in quanto nell’analisi si sovrappongono due prospettive che in maniera approssimativa, ma diretta, si potrebbero definire una tecnica e una economica, e che hanno un impatto profondo sulla struttura analitica l’una dell’altra. Non c’è dubbio che ci sono severi rischi per il manufatturiero in UE, centrale il tema energia e le problematiche poste oggi su questa tematica sono talmente rilevanti per il nostro futuro che ci auguriamo venga finalmente creato uno spazio ‘virtuosamente dibattimentale’ per superare pregiudizi diffusi e consolidati, e tentare così di approfondire la realtà delle cose entrando nel merito delle strategie possibili verso le quali indirizzare sia gli sforzi sia le politiche di una comunità. La velleità delle proposte messe sul tavolo da parte Paesi avanzati deriva non solo dall’inefficacia degli strumenti prospettati, ma anche dall’assenza della proposta di uno stile di vita alternativo. Il caso dell’alluminio e del suo sistema industriale, di rilevante importanza per il segmento manifatturiero globale che è a gravissimo rischio di sopravvivenza in particolare nella vecchia Europa, rappresenta nel contesto delle tematiche energetiche, un esempio clamoroso di inefficienza decisionale dei nostri decisori”.
Infine, riportiamo l’intervento di Mauro Piasere, Chief Operating Officer della Business Line Robotics and Industrialized Solutions di Saipem: “Non esiste industria che possa permettersi di traguardare la propria sopravvivenza e crescita senza fare i conti sul proprio fabbisogno energetico e sull’impatto che crea all’ambiente in termini di impronta carbonica. È chiaro che si debba pagare per disporre di energia elettrica, pertanto il tema dell’efficienza energetica è intuitivo. L’Europa, come altre aree del mondo, ha deciso che chi emette CO2 deve pagare una tassa, gli scenari del costo dell’emissione di CO2 indicano una forchetta tra i 90 e i 110 euro a tonnellata. Partendo dalla cattura della CO2, oggi esistono tecnologie consolidate con soluzioni per le diverse taglie di impianti che permettono di catturare fino a 200 t/giorno da gas di scarico con un contenuto di CO2 tra 8 e 12%. Il trasporto della CO2 in forma gassosa o liquefatta è privo di rischi tecnologici e deve essere affrontato per distretti di emettitori al fine di razionalizzare i costi d’investimento. Risparmiare rispetto al mero pagamento di una tassa è possibile attraverso investimenti simili a quelli che si fanno per l’efficienza energetica e attraverso una collaborazione distrettuale per trasporto e sequestro, ma serve un cambio culturale nelle industrie che ancora percepiscono il problema delle emissioni non direttamente legato alle loro attività o non gestibile per complessità tecnologica”.
Fonte: A&L Aluminium Alloys Pressure Diecasting Foundry Tecniques