
Il futuro dell'alluminio in Europa: sfide e opportunità
Il rapporto presentato da Mario Draghi alla Commissione Europea sul futuro dell'alluminio in Europa tocca numerose criticità del sistema alluminio europeo che penalizzano da tempo il settore sia a livello continentale che italiano.
L'alluminio rappresenta un protagonista indiscusso dell'industria manifatturiera mondiale, con un complesso di attività che spaziano dalla produzione e trasformazione del metallo in semilavorati, fino alla manifattura di componenti per prodotti finiti. Nonostante sia un materiale relativamente giovane nel panorama metallurgico, ha vissuto un'evoluzione straordinaria, posizionandosi come secondo metallo più utilizzato dopo l'acciaio già all'inizio degli anni 2000.
L'evoluzione della produzione di alluminio a livello globale
Nel 1920 la produzione mondiale di alluminio primario era inferiore a 200.000 tonnellate, ma nell'immediato dopoguerra raggiunse 2 milioni di tonnellate per poi sfiorare la soglia di 25 milioni di tonnellate agli inizi del nuovo millennio. Il metallo leggero si è così affermato come materiale di punta in settori fondamentali quali meccanica, packaging, edilizia, automotive e prodotti di largo consumo. In questo periodo abbiamo assistito alla rapida crescita dell'alluminio in aree geografiche come Cina, Golfo e Medio Oriente, ma anche all'inizio del declino della produzione di alluminio primario in UE, una fase che prosegue senza interruzioni.
Emergono quindi due tendenze divergenti: a livello mondiale, la produzione di alluminio primario continua ad aumentare, raggiungendo lo scorso anno 70 milioni di tonnellate, con la Cina che consolida la propria leadership con 40 milioni di tonnellate. Al contrario, l'UE si posiziona come fanalino di coda mondiale con una produzione di alluminio primario inferiore a 1 milione di tonnellate l'anno, rappresentando meno del 15% del fabbisogno annuo europeo di metallo primario. Uno scenario sorprendente considerando che, fino a pochi anni fa, l'industria europea dell'alluminio occupava una posizione di avanguardia mondiale, conquistata in poco più di 140 anni grazie a know-how, tecnologie e competenze d'eccellenza.
A livello globale, le stime dell'International Aluminium Institute di Londra prevedono una produzione mondiale di alluminio grezzo complessivo di 150 milioni di tonnellate nel 2050 (45% primario e 55% secondario), rispetto all'attuale rapporto 70/30 tra primario e secondario. Questo evidenzia le grandi aspettative sul ruolo del recupero e del riciclo nel futuro dell'alluminio in Europa e nel mondo.
Le criticità del sistema alluminio europeo
Riguardo all'Unione Europea, da parte del downstream ci sono stati da tempo segnali precisi circa le esigenze di base, fornendo ai decisori politici nazionali ed europei numerose informazioni per definire strategie e politiche industriali efficaci. La Federazione Europea degli Utilizzatori di Alluminio (FACE) ha sollevato con continuità presso la Commissione Europea e i singoli governi la discussione su possibili interventi migliorativi a salvaguardia del cuore di questa industria: le piccole e medie aziende di trasformazione, lavorazioni, finiture e impieghi finali di alluminio.
Tuttavia, sono mancate scelte coraggiose e lungimiranti su temi cruciali come:
- Energia;
- Equo accesso alla materia prima;
- Equilibri tra competizione industriale ed ecosostenibilità.
Le criticità del sistema alluminio europeo sono state probabilmente accentuate dalla contrapposizione all'interno della filiera tra i produttori di materia prima e la voce ancora poco ascoltata dei trasformatori e consumatori a valle. Queste piccole e medie aziende, che rappresentano la vera forza della filiera alluminio in UE, devono far sentire le proprie posizioni e suggerire strategie per alimentare lo sviluppo dell'intero settore, senza limitarsi a rispondere alle pressioni delle grandi imprese a monte della catena.
FACE ha unito le proprie forze con altre importanti associazioni come Amafond, Assofermet, Assofond e BWA, riuscendo a essere considerata interlocutore diretto di importanti decisori a Bruxelles, ottenendo ascolto e riconoscimenti utili per il settore.
In quest'ottica, il rapporto sulla competitività dell'UE presentato da Mario Draghi a settembre 2024 rappresenta una svolta importante perché sintetizza quanto FACE sostiene da anni su questioni fondamentali per il futuro dell'alluminio in Europa (equo accesso alle materie prime, decarbonizzazione, costi energetici, ecosostenibilità, contrasto alla scorretta competitività commerciale).
Il motivo conduttore dei suggerimenti di Draghi è l'assoluta necessità di una vera politica industriale per evitare l'agonia di un declino altrimenti inevitabile per il settore.
Il dazio sull'importazione: una criticità per il sistema alluminio europeo
Particolarmente rilevanti sono i rilievi riferiti a un tema sollevato e sostenuto da FACE con continuità da oltre vent'anni: la necessità di coordinamento tra scelte di politica industriale, contesti competitivi globali e politiche commerciali. Questo aspetto è essenziale nel caso della materia prima alluminio, troppo spesso dominato da inerzia o scarsa attenzione che si è tradotta in incomprensibili favoritismi.
Il riferimento principale è al dazio UE sull'importazione dell'alluminio grezzo, una tariffa sulla cui cancellazione totale FACE insiste dal 2007, dopo l'intervento del Commissario UE Lord Mandelsson. Quest'ultimo si espresse con vigore riguardo all'inconsistenza di questa misura che avvantaggia chi produce materia prima e diminuisce la forza competitiva dell'intero downstream europeo, composto da decine di migliaia di piccole e medie aziende che costituiscono circa il 75% del fatturato e il 90% della forza lavoro della filiera alluminio europea.
Gli studi commissionati da FACE all'Università LUISS di Roma dal 2015, e successivamente in Germania a Faireconomics, hanno messo in evidenza le conseguenze negative del dazio sul metallo grezzo per la competitività del downstream europeo. Questo dazio rappresenta:
- Una grave perdita di competitività per trasformatori e utilizzatori di alluminio;
- Un pesante aggravio valutato in quasi 20 miliardi di euro in meno di 20 anni;
- Un freno alla crescita e allo sviluppo del settore;
- Un assorbimento di costi ed energie che potrebbero essere investiti in ricerca e sviluppo.
Il fatto che l'UE sia deficitaria per oltre l'85% del fabbisogno di metallo primario, che deve essere importato per mantenere operative le industrie manifatturiere del metallo leggero, rende strutturalmente incomprensibile il mantenimento di questo dazio. Come indicato nel rapporto Draghi, è necessario dare vigore alle piccole e medie aziende manifatturiere in UE, eliminando favoritismi ingiustificati di fronte alla crescente carenza di materia prima.
L'alluminio secondario: risorsa chiave per il futuro in Europa
Il rapporto Draghi richiama anche la necessità di azioni vigorose sia sulla manifattura ecosostenibile che sulla spinta alla migliore decarbonizzazione possibile dell'industria dell'alluminio, caratterizzata da elevate esigenze energetiche. Queste scelte ambiziose devono coniugare l'obiettivo di conservare la leadership tecnologica con quello di raggiungere la decarbonizzazione.
In questo contesto, il tema del recupero e riciclo assume un'importanza fondamentale per il futuro dell'alluminio in Europa. I rottami di alluminio e delle sue leghe possono essere riutilizzati continuamente con perdite ridottissime e senza degradi metallurgici e tecnologici. Dal punto di vista energetico, 1 kg di alluminio riciclato richiede appena il 5% dell'energia necessaria per produrre 1 kg di metallo primario. Oggi, circa il 75% di tutto l'alluminio primario prodotto in circa 150 anni di uso industriale è ancora in circolazione, con tassi di raccolta dei rottami che arrivano fino al 90% a seconda delle regioni e dei prodotti.
Questa caratteristica rappresenta un'importante opportunità per la costruzione di un'industria ecosostenibile, attenta ai valori sociali e perfettamente allineata alla domanda di un'economia circolare. Sarebbe un grave errore ridurre l'impegno per le politiche verdi, mentre è vitale per l'UE seguire questa via per rafforzare la competitività, puntando su una vera transizione verso un'economia sostenibile e a basse emissioni di carbonio, elemento essenziale per modernizzare l'economia europea.
CBAM e Inflation Reduction Act: impatti sul sistema alluminio europeo
Il dibattito sul Carbon Border Adjustment Mechanism (CBAM) è un altro elemento cruciale per il futuro dell'alluminio in Europa. La Commissione Europea ha elaborato questa nuova misura di tassa sul carbonio alla frontiera all'interno del pacchetto 'FIT FOR 55', con l'obiettivo di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 e tradurre in pratica la transizione energetica. La misura entrerà pienamente in vigore nel 2026, ma è già attiva come sistema di reporting per le emissioni incorporate nelle esportazioni verso il mercato europeo, riguardando settori considerati a rischio di carbon leakage, tra cui l'alluminio.
Secondo FACE, il CBAM nella sua attuale formulazione rappresenta una scelta che danneggia le aziende che utilizzano l'alluminio come materia prima, aumentando i costi, diminuendo la competitività del manifatturiero UE e determinando un aumento dei prezzi per i consumatori finali. Inoltre, mette a rischio l'approvvigionamento di un materiale essenziale per il sistema industriale europeo.
In contrasto con l'impostazione del CBAM, l'Inflation Reduction Act (IRA) varato dall'amministrazione Biden, che consiste in un pacchetto di agevolazioni fiscali e investimenti da 400 miliardi di dollari per decarbonizzare l'economia statunitense, mostra un approccio più efficace per promuovere la sicurezza ambientale. L'IRA prevede misure che promuovono la riduzione delle emissioni di gas serra e il supporto alle energie rinnovabili, senza creare distorsioni nel mercato. Si concentra anche sulla riduzione dell'inflazione, beneficiando sia i consumatori che le aziende, e promuove l'innovazione e lo sviluppo tecnologico.
Il CBAM, così come concepito oggi, si presenta come un ulteriore dazio sull'alluminio di tipo ambientale che porterà inevitabilmente a una perdita di competitività per le aziende di trasformazione e lavorazione di alluminio e delle sue leghe, e a un sicuro aumento dei costi per i prodotti finiti. Secondo le stime, il CBAM non contribuirà alla competitività e alla decarbonizzazione del sottosettore dell'alluminio primario, ma danneggerà ulteriormente il sottosettore downstream con extra-costi stimati in più di 5 miliardi di euro l'anno, fino a 7 miliardi di euro aggiungendo l'extra-costo generato dai dazi di importazione sull'alluminio grezzo.
Ricerca e sviluppo: pilastro per il futuro dell'alluminio in Europa
Il report di Draghi richiama infine l'attenzione sulla necessità di una solida implementazione in UE degli sforzi in ricerca e sviluppo. L'Europa deve assolutamente impegnarsi a colmare il profondo gap innovativo rispetto a Stati Uniti e Cina, poiché attualmente presenta una struttura industriale statica con poche nuove aziende che nascono su criteri realmente originali rispetto all'esistente.
In Europa si investe troppo poco in ricerca e innovazione: 270 miliardi di euro in meno rispetto agli USA (dati 2021). Il problema non è la mancanza di idee nuove o di ricercatori, ma piuttosto l'incapacità di tradurre l'innovazione in realizzazioni concrete per il mercato, spesso a causa di provvedimenti normativi inapplicabili, restrittivi e incompatibili con le esigenze del mercato. L'Europa eccelle nelle tecnologie mature, ma questo non è più sufficiente: il nuovo fatica a crescere e gradualmente l'industria rischia di scomparire.
Conclusioni: un futuro possibile per l'alluminio in Europa
Il forte messaggio per l'Europa è quello di impegnarsi in azioni concrete sulla manifattura ecosostenibile, decarbonizzazione, sviluppo tecnologico e grande attenzione all'energia sostenibile. Questo approccio deve basarsi su una rete di piccole e medie aziende distribuite nel territorio che assicurano la conservazione e la crescita dei patrimoni tecnologici e di conoscenze industriali.
Per il futuro dell'alluminio in Europa, molte opportunità sono aperte dai nuovi percorsi verso la transizione ecosostenibile. L'Europa e l'Italia vantano una grande tradizione ultracentenaria nello sviluppo della filiera dell'alluminio: sarebbe un grave errore non sostenere adeguatamente le piccole e medie imprese che in UE hanno reso grande nel mondo questo segmento industriale, affrontando e superando le attuali criticità del sistema alluminio europeo e rilanciando la produzione di alluminio primario in UE in modo sostenibile.
Fonte: M. Conserva per A&L Aluminium Alloys Pressure Diecasting Foundry Techniques