produzione getti non ferrosi

In leggera crescita, nell’ultimo anno, la produzione di getti non ferrosi

Rispetto al panorama nazionale, le fonderie italiane di metalli non ferrosi rappresentano l’82% dell’industria di fonderia italiana in termini di imprese, il 61% rispetto alla forza lavoro impiegata; realizzano il 63% del fatturato complessivo e producono il 44% del volume totale di getti.

Nel 2023, dopo un 2022 di forte frenata per le fonderie di metalli non ferrosi, la produzione si è sostanzialmente mantenuta sui volumi dell’anno precedente.

I risultati osservati lo scorso anno hanno un segno positivo, ma con un tasso di crescita in termini di volumi modesto (+0,9%) e un output complessivo che si è assestato appena sopra le 820.000 tonnellate.

La spinta maggiore alla crescita è arrivata dai getti di zinco e dalle leghe di rame, meno importante il contributo da parte dell’alluminio, che ha vissuto un 2023 un po’ sottotono.

Il segno positivo ha caratterizzato tutti i metalli, pur con entità delle variazioni molto variegate tra loro, a eccezione del magnesio che ha sperimentato un crollo verticale.

La serie storica della produzione di getti non ferrosi relativa agli ultimi vent’anni consente di esaminare la fase in cui si trova in questo momento il settore e ripercorrere i vari stadi di sviluppo.

Nei primi anni 2000 le fonderie di metalli non ferrosi hanno sperimentato una lunga fase di espansione produttiva, che ha raggiunto il suo picco nel 2007. Il tasso medio di sviluppo annuo (CAGR) in questo intervallo temporale è stato intorno al +2%. Proprio in questo periodo storico l’Italia ha toccato il suo record in termini di tonnellate prodotte (quasi 1,1 milioni di tonnellate) conquistando il primato europeo e togliendo la leadership alla Germania.

Dopo il raggiungimento del picco, in concomitanza con la recessione economica mondiale del 2009, è iniziata per il settore una fase di progressiva erosione dei volumi che, dal 2011 fino al 2019, è costata una perdita media annua del -2%. Durante questa fase di contrazione, ulteriormente aggravatasi con la crisi pandemica del 2020, il settore ha subito un importante livellamento dell’output produttivo che, nella media degli ultimi tre anni, si è assestato intorno alle 840.000 tonnellate.

Getti di alluminio

L’output dell’alluminio si è attestato su 684.729 tonnellate, con un tasso di crescita del +0,4% rispetto all’anno precedente.

Getti di zinco e leghe

Uno sviluppo decisamente più sostenuto ha interessato le produzioni di getti di zinco e leghe (92.732 tonnellate), con un aumento del +5,2%.

Getti di rame, ottone, bronzo e leghe

La categoria dei metalli rossi (rame, ottone e bronzo) mediamente è cresciuta del +2,5% rispetto al 2022. Il livello produttivo di questi ultimi si è attestato intorno alle 48.022 tonnellate.

Getti di magnesio

Prosegue l’erosione dei volumi di questo segmento di mercato dei metalli non ferrosi che, con poco più di 2.000 tonnellate annue, ha ormai una rappresentatività marginale. La perdita del 2023, pari a -21% va a sommarsi a quella del -42% del 2022. Sull’evoluzione storica di questa lega emerge che negli ultimi vent’anni il settore dei getti di magnesio ha avuto un vero e proprio tracollo produttivo, passando da 16.000 tonnellate alle attuali 2.000 tonnellate.

I mercati di sbocco per i getti non ferrosi

L’incidenza dei mezzi di trasporto è cresciuta rispetto al 2022, raggiungendo nel 2023 il 57% del totale dei getti non ferrosi.

A tale mercato di sbocco nel 2023 sono state destinate quasi 470.286 tonnellate e la crescita è stata del +2,3% rispetto ai volumi del precedente anno. Fra gli altri settori produttivi, l’edilizia, che assorbe il 16% della produzione di getti non ferrosi, ha conseguito un aumento del +1,5% con 133.303 tonnellate prodotte. Il contributo allo sviluppo settoriale dell’industria meccanica, il cui peso è del 7% sul totale, è stato negativo (-6,7% con 61.270 tonnellate). La categoria dei beni durevoli (elettrodomestici etc.) per la quale sono state realizzate62.098 tonnellate di getti, ha avuto una flessione del -5,4%, mentre il contributo dell’ingegneria elettrica, con 74.517 tonnellate, è stato positivo con un incremento annuale medio pari a +0,9%.

 

Fonte: In Fonderia – ll magazine dell’industria fusoria italiana